FENOMENI PARANORMALI E CAMPI ELETTROMAGNETICI
E' prassi diffusa tra i molti ricercatori e appassionati che fanno indagini nel campo del paranormale usando una metodologia scientifica, l'avvalersi di strumentazione elettronica che possa dare riscontro oggettivo ai fenomeni con cui ci si viene ad incontrare.
Questa strumentazione è molto ampia come tipologia poichè cerca di coprire quanto più possibile tutte le emissioni potenzialmente rilevabili.
In particolare vorremmo qui soffermaci su una sorta di "dogma" accettato da tutti ovvero che le manifestazioni paranormali emettano campi elettromagnetici.
Come conseguenza di questo il rilevatore EMF (Electro Magnetic Field) risulta essere uno degli strumenti di gran lunga più utilizzati.
Ma da cosa nasce questa convinzione? E quando? E, soprattutto, ci sono delle evidenze scientifiche a supporto di tutto ciò ??
Provando a fare una ricostruzione storica si può partire da fine Ottocento quando girava già la convinzione che i fenomeni (a quell'epoca si parlava soprattutto dei fenomeni "medianici") dipendessero da qualche forma di "energia", tanto che qualcuno provò ad inventare apparecchi di vario genere per evidenziare o misurare quell'energia che, comunque, si riteneva fosse connaturata al corpo umano vivente (chi credeva all'intervento degli spiriti non parlava di energia, ma solo di poteri del "perispirito").
Con meno rilievo, si riteneva fosse in gioco anche una generica "energia psichica" per le prodezze psichiche di alcune particolari persone, come nei casi di telepatia-chiaroveggenza, nei fenomeni di poltergeist e per l'ipnotizzazione a distanza.
Mentre non si parlava affatto di energia sprigionata da "entità" o altro per i casi di apparizioni e di infestazione (per questi fenomeni praticamente tutti individuavano come causa l'intervento di entità immateriali).
Con i primi del Novecento, alcuni di quelli che avevano studiato l'"energia psichica" della generazione precedente cominciarono a parlare esplicitamente di energia elettromagnetica.
Valga per tutti l'italiano Ferdinando Cazzamalli, che per circa 20 anni andò avanti a fare esperienze e inventare apparecchiature tipo radio per captare le onde emesse dal cervello di chi era in piena attività parapsicologica (sensitività, telepatie, chiaroveggenza).
Può essere curioso osservare che in Germania Hans Berger agli inizi degli anni Venti arrivò a inventare l'elettroencefalografia perché era convinto che durante gli eventi telepatici il cervello emettesse onde elettromagnetiche. Tutti questi autori pensavano comunque che in condizioni normali il corpo (cervello) umano non emettesse onde elettromagnetiche.
In tempi più recenti, negli anni Settanta, sulla base di indagini statistiche e di esperienze di laboratorio, Michael Persinger tirò fuori la teoria delle onde "elettromagnetiche lunghe" come la conosciamo oggi.
In tutto questo periodo, intanto, una folla di autori ha parlato di queste onde solo per dare un sapore di comprensibilità scientifica ai propri discorsi, però in generale non dando nessun contributo originale al discorso, non giustificando nemmeno quelle affermazioni, e spesso nemmeno comprendendo bene di che cosa parlavano (infatti scambiavano indifferentemente le onde elettromagnetiche con quelle sonore, talvolta anche con la radioattività).
Oggi ogni gruppo di ricercatori che si rispetti usa un rilevatore di campi elettromagnetici analogico o digitale.
Ma esiste un problema prettamente metodologico: le onde elettromagnetiche sono estremamente pervasive e, tra quelle naturali e quelle artificiali, ci viviamo completamente immersi.
Accendendo in un momento qualsiasi un rilevatore (che poi, nella forma più semplice è una radio) si individua sempre una marea di segnali, che si manifestano sempre in forme di sequenze irregolari.
Allora, di fronte ad una circostanza anomala, come fare per capire se c'è una variazione significativa di emissioni EMF e se l'eventuale variazione dipende da ciò che si è manifestato oppure ad esempio dal corpo della persona che vive l'esperienza oppure da una radiosveglia del vicino di casa?
La risposta che può venire spontanea alla mente è: se quella tempesta di segnali dura solo il tempo della "manifestazione" e magari si intensifica se ci avviciniamo alla manifestazione (es. la figura fantasmatica) o al percipiente allora si potrebbe ipotizzare una correlazione.
Ma questa deduzione, in assenza di prove empiriche, non vale niente.
La perturbazione elettromagnetica potrebbe essere di bassa intensità (per esempio il 5% del campo naturale di fondo) o di altro tipo (per esempio una sincronizzazione istantanea delle onde, o creare una modulazione di sola ampiezza o di sola frequenza non rilevabile dallo strumento in funzione), oppure durare troppo poco (un millisecondo) e sfuggire quindi totalmente agli strumenti.
E queste non sono eventualità da scartare: tenete presente che l'emissione elettromagnetica del cervello è tanto debole che a quattro o cinque millimetri dal cervello stesso non è più rilevabile dai nostri strumenti: neppure quando il cervello è in una tempesta di attività, come sono ad esempio le crisi di epilessia.
Quindi, per concludere, su questo argomento di certezze ce ne sono ben poche, di evidenze sperimentali altrettanto poche e che, quindi, molto ancora resta da capire e dimostrare.
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